di e con Alberto Ierardi

Sono trascorsi 10 anni da quando Pite’(r) e Wendy si sono visti per l’ultima volta sull’isola che non c’è. Dopo anni di tentennamenti Pite’(r) decide di incontrare il signor Darling e chiedere la mano di sua figlia, ma Wendy è già sul punto di sposarsi. La proposta di matrimonio a casa Darling si trasforma in una disperata irruzione al matrimonio di Wendy. Nonostante la decisa intenzione di impedire il matrimonio, Pite’(r) inscena un monologo patetico, una catastrofe totale, che segna il punto di crisi della vicenda. Al suo ritorno all’isola Pite’(r) decide di divenire un pirata e abbracciare un nuovo tragico destino. Scricciolo, l’unico dei bimbi sperduti che Pite’(r) decide di salvare, viene ribattezzato Spugna, Wendy non è che un fantasma legato al vascello come da una maledizione e Pite’(r) diviene di fatto Capitan Uncino, l’uomo ossessionato da un unico folle obbiettivo: solcare i sette mari alla disperata ricerca di Pite’(r) Pà, il vero pite’(r) Pà.

LE RADICI DEL LAVORO

Pite’(r) Pà nasce in un tempo di passaggio quello che la quarantena e il lock down (provocato dall’avvento del covid19) hanno rappresentato, come spartiacque tra un epoca prepandemica ed un epoca post pandemica. Lo spettacolo stesso nella sua interezza e in maniera speculare rappresenta il passaggio del protagonista dall’età giovanile piena di speranze e di sogni, all’età matura tradita dalle ferite, e dall’amara consapevolezza delle storture del mondo. In questo senso lo spettacolo conserva le caratteristiche “sciamaniche” di accompagnamento alrito di passaggio presente in Barrie, trasformando però il ruolo del protagonista.